Obbligo di repéchage: rilevano le mansioni assegnate di fatto al lavoratore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 20 ottobre 2022, n. 30950, ha affermato che, in tema di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, l’obbligo di repéchage impone al datore di lavoro di verificare l’assenza di posizioni lavorative corrispondenti alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte.

Un lavoratore impugnava il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli dalla società datrice di lavoro, sul rilievo che le mansioni di responsabile di filiale, cui di fatto era assegnato, non erano state soppresse ma trasferite alla sede centrale.

Il Tribunale dichiarava illegittimo il licenziamento e ordinava alla società di reintegrare il dipendente, riconoscendo, inoltre, a questi il diritto ad essere inquadrato nel superiore livello del c.c.n.l., con conseguente condanna della datrice a corrispondergli la somma maturata a titolo di differenze retributive.

La Corte di appello confermava la sentenza di primo grado quanto al superiore inquadramento riconosciuto ed alle differenze retributive spettanti al lavoratore, ma dichiarava legittimo il licenziamento intimato.
I giudici del gravame, in particolare, accertavano che il datore di lavoro aveva dato la prova dell’impossibilità di repéchage con riguardo all’inquadramento rivestito all’atto del licenziamento, osservando che il diverso inquadramento risultava essere successivo allo stesso, e concludevano per l’insussistenza di posizioni utili cui riassegnare il lavoratore.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dal dipendente, osservando che la Corte territoriale contraddittoriamente prima aveva riconosciuto al lavoratore di aver svolto mansioni riconducibili ad un determinato, e superiore, profilo professionale e poi non ne aveva tenuto conto nel verificare in concreto l’esistenza di possibilità di ricollocamento in azienda dello stesso, in relazione all’avvenuta soppressione di una posizione lavorativa di cui, pur formalmente assegnatovi, non svolgeva di fatto i compiti.
La Corte, invero, nel verificare la legittimità del licenziamento per soppressione del posto di lavoro ed in relazione all’accertata impossibilità di ricollocare altrimenti il lavoratore, avrebbe dovuto verificare l’assenza in azienda di posizioni lavorative corrispondenti alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte.
A riguardo il Collegio non ha mancato di evidenziare che, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, devono ricorrere sia la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso; sia la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi; ma anche l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse.
L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili.

Cassa Edile di Belluno: nuova contribuzione

4 NOV 2022 Nel rispetto delle disposizioni contrattuali di cui all’Accordo Nazionale del 22/9/2022, che hanno modificato la percentuale APE, la Cassa Edile della provincia di Belluno, pubblica le nuove aliquote contributive in vigore dall’1/10/2022

La Cassa Edile della provincia di Belluno, pubblica il prospetto contributi da versare con decorrenza 1° ottobre 2022

 

Contributi

Totale (%)

Quota contributiva Impresa (%)

Quota contributiva Lavoratore (%)

1. Contributo funz. Cassa Edile 2,250 1,875 0,375
2. Contributo gestione Fondi attività non caratteristica 0,150 0,150
3. Anzianità Professionale Edile 3,980 3,980
4. Contributo vestiario 0,250 0,250
5. Contributo Osservatorio 0,145 0,145
6. Quote adesione contrattuale (prov.+naz.) 1,520 0,650 0,870
7. Contributo Fondo prepensionamenti 0,200 0,200
8. Contributo funzionamento A.S.C. 0,055 0,055
9. Contributo Formazione Professionale e Sicurezza C.F.S. 1,250 1,250
TOTALE CONTRIBUTI CASSA EDILE 9,800 8,555 1,245
     
10. Contributo Fondo Incentivo all’occupazione

(calcolato sulle ore effettivamente lavorate)

0,100 0,100  

Inoltre:
– SANEDIL Operai: 0,60% a carico ditta

– SANEDIL Impiegati: 0,26% a carico ditta

Legittimo il licenziamento del docente che intrattiene una relazione con l’alunna minore

È legittimo il licenziamento irrogato al docente che, intrattenendo una relazione sentimentale con un’alunna minore, abbia compiuto una grave violazione dei doveri inerenti alla funzione educativa (Corte di Cassazione, Sentenza 20 ottobre 2022, n. 30955).

La Suprema Corte ha confermato la legittimità del provvedimento disciplinare di destituzione e di esclusione dall’accesso futuro a qualsiasi forma di pubblico impiego nei confronti di un docente, per aver intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un’alunna minorenne.
La Corte territoriale aveva rigettato il motivo d’appello con il quale il docente aveva lamentato la mancanza di proporzionalità, ragionevolezza o congruità della sanzione irrogata.

I giudici del gravame, in particolare, avevano evidenziato che le circostanze addotte a sostegno della pretesa tenuità degli addebiti, ossia il fatto che l’alunna avesse compiuto la maggiore età nello stesso anno scolastico, che la madre fosse consapevole della relazione, che la relazione fosse scaturita da un iniziale interessamento della minore, che quest’ultima fosse consenziente e ricambiasse i sentimenti del docente, non fossero idonee a suffragare la tesi difensiva.
Il disvalore delle condotte emergeva in tutta la sua gravità considerando, da un lato, il ruolo di responsabilità e la funzione educativa assegnati all’insegnante e, dall’altro, il fatto che gli studenti a lui affidati attraversavano un’età obiettivamente critica sotto il profilo dello sviluppo della personalità e delle modalità di interazione sociale.

Instaurare una relazione sentimentale e sessuale con un’alunna, tanto più se minorenne, significava venir meno in modo radicale ai doveri ed alle responsabilità insiti nel ruolo di docente e disvelava la totale incapacità di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale.Tanto si rfletteva sul rapporto fiduciario con l’amministrazione scolastica, pregiudicandolo in modo irreparabile.
Per queste ragioni, secondo i giudici di merito, le condotte erano oggettivamente inscindibili dal ruolo di docente e dai compiti formativi ed educativi e la sanzione della destituzione era, dunque, congrua e proporzionata alla gravità dei fatti commessi.

Il Collegio ha ritenuto infondato il ricorso proposto dal docente ed esente da censure la decisone impugnata.
Nel caso sottoposto ad esame, invero, la Corte territoriale aveva correttamente operato un giudizio di sussunzione della condotta nell’ambito dell’uno o degli altri illeciti previsti dal Codice disciplinare, ritenendo integrata l’ ipotesi di atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti la funzione, illecito sanzionato con la destituzione. La condotta addebitata configurava una grave violazione dei doveri inerenti alla funzione educativa, in quanto direttamente legata alla qualità del ricorrente di docente nella classe cui apparteneva l’alunna minorenne.
Il giudice del merito, all’esito del giudizio di sussunzione, aveva verificato la gravità della violazione dal punto di vista concreto, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto rilevanti; il giudizio di proporzionalità era stato operato valorizzando a tal fine:

– l’età minore della alunna;

– la durata della relazione;

– il fatto che essa fosse stata riallacciata dopo l’intervento della madre dell’allieva;

– la consumazione di rapporti sessuali.
Erano stati, pertanto, considerati tanto l’oggettiva gravità della condotta quanto la volontarietà del comportamento del docente.